Dalla emigrazione all'immigrazione

Dal dramma della partenza di intere generazioni di giovani alla ricerca del lavoro all'insediamento di nuovi cittadini alla ricerca della naturalità e della tranquillità.



L'emigrazione

INDICE




  • Introduzione

  • Italiani popolo di emigranti

  • Curiosità

  • Fenomeno migratorio del secondo dopoguerra

  • Le difficoltà di un gesto di coraggio

  • L’immigrazione




Introduzione

La storia dell’uomo e dei popoli ha visto, sin dai tempi più antichi, spostamenti di popolazioni intere o di gruppi. Diversi i motivi: migrazioni alla ricerca di cibo o di nuovi spazi da abitare, conquiste e colonizzazioni, tutti movimenti che non possono certo essere considerati “emigrazione”.
L’emigrazione è un fenomeno che riguarda lo spostamento di un numero limitato, anche se non esiguo, di persone dal luogo natale ad un altro luogo fuori dalla propria patria di appartenenza.
Emigrando, si fugge da un mondo povero e sottosviluppato verso un mondo ricco e industrializzato, si fugge da una situazione di povertà, miseria e disoccupazione verso una situazione migliore fatta di un lavoro stabile e di un certo benessere economico.




Italiani popolo di emigranti

L’Italia ha conosciuto il fenomeno dell’emigrazione in tempi e modi diversi ed in particolare sul finire del XIX° secolo, all’inizio del XX° e poi intorno agli anni ’50 e ’60. Bisogna premettere che in Italia, specialmente da parte del Meridione, l'emigrazione ebbe inizio e coincise con l'età del Risorgimento, quando cioè la maggior parte delle risorse furono impiegate nell'esercito e negli arsenali, nella propaganda e nella preparazione della guerra contro gli Austriaci.

Dove fu diretto il primo flusso migratorio? Meta ne furono gli stati dell'America meridionale probabilmente per la presenza di sterminati territori incolti: ognuno poteva, senza esborso, ottenere un lembo di terra da coltivare. Dopo il raggiungimento dell'unità, il flusso non decrebbe anche se, nell'Italia settentrionale cominciavano a sorgere le industrie il cui decollo fu tuttavia lento, contrastato e difficile.
L’Italia post-unitaria aveva poi, molti problemi da risolvere e probabilmente, anche a causa di una classe dirigente non adeguata, non seppe affrontarli con decisione e risolverli. Forse l’emigrazione costituì una vera e propria valvola di sfogo delle tensioni sociali che nel sud erano più forti per la presenza di una classe politica, o indesiderata, o troppo legata ai grandi proprietari terrieri che avevano tutto l’interesse a che un certo tipo di situazione , per certi aspetti ancora feudale, non venisse modificata.

Dalla fine dell'Ottocento alla prima metà del Novecento quasi 30 milioni di italiani lasciarono le loro case, dove non avevano possibilità alcuna di trovar lavoro, per cercarlo altrove.

Anche gli impavidi abitanti della meravigliosa terra di Calabria, partirono insieme a tante altre persone, alla ricerca di successo e fortuna in altre nazioni o addirittura in altri continenti. Tra queste c’erano anche gli abitanti di San Nicola Arcella, partono in questi anni verso la Colombia: il farmacista Nicola Alario, la sorella Elvira, ostetrica, e il fratello Vladimiro, gioielliere; il commerciante Grisolia Lorenzo che si stabilì in Argentina e i commercianti fratelli Barletta che puntarono dapprima verso Cuba e successivamente verso S. Domingo. Di questi signori e delle loro famiglie poco si sa, essendo il ricordo affidato alla “memoria storica” di qualche anziana signora; certo è che alcuni di essi rientrarono a San Nicola e investirono i loro guadagni acquistando case e terreni. Gli emigranti quindi, contribuirono direttamente allo sviluppo del nostro paese apportando benessere e prosperità.

Per esempio due pilastri dell’economia sannicolese furono Amedeo e Antonio Barletta che, divenuti grandi imprenditori in America Latina, donarono diverse quantità di denaro al comune di San Nicola Arcella. Nel 1932 l’asilo infantile del nostro comune fu intitolato alla loro madre Filomena Barletta.

Oggi, passeggiando per le vie di San Nicola, si possono notare svariate targhe in onore di questi emigranti: ad Alessandro Siciliano è persino intitolata la piazza in cui egli costruì la propria abitazione.










Curiosità

Dilungarci su tutti gli esiti dell'emigrazione, sulle dinamiche culturali che innescò, sulle sofferenze che ne scaturirono, sarebbe impresa assai ardua. Tuttavia, la nuova ed ambigua condizione della famiglia stuzzica la nostra curiosità, in particolare ci domandiamo: che ruolo “giocano” le donne degli emigranti?
Molte donne, rimaste sole per anni, decenni a volte, assumevano il ruolo di capo famiglia, svolgevano in tutto e per tutto i compiti maschili nella gestione della famiglia e del patrimonio.
Già, prima del grande esodo oltreoceano alcune di loro erano impegnate nelle attività stagionali agricole o come operaie nelle manifatture che, nel corso del XIX° secolo erano diffuse in molte aree calabresi (basti pensare all'industria serica), svolgendo quindi un ruolo economico decisivo per la famiglia, eppure non avevano alcun potere decisionale in seno alla stessa né tanto meno nella società.
Cosa curiosa è, che quando l'emigrazione le portò ad assumere ruoli maschili, su di esse si riversarono molti preconcetti, legati alla cultura contadina tradizionale e di cui si trova testimonianza nei proverbi, nelle canzoni popolari...: le donne sole degli emigranti erano ritenute facili preda di buontemponi, si diffuse presto l'idea della leggerezza di costumi di queste donne.


Fenomeno migratorio del secondo dopoguerra

Il periodo che coincide con gli anni ’50 e ’60, quello del boom economico, sono quelli in cui il nostro Paese il flusso migratorio ha assunto consistenti proporzioni.
Protagonisti in tutti e due i casi sono stati i meridionali che andavano al nord, soprattutto in Piemonte, Liguria e Lombardia (l'allora triangolo industriale) o in Germania e negli altri paesi europei a lavorare nelle grandi fabbriche. Ma la meta più ambita nel XX° secolo furono sicuramente gli Stati Uniti d’America poiché raffiguravano un modello di industrializzazione e ricchezza per tutti gli emigranti di quel periodo.
La partenza alla ricerca di una “terra promessa” ha fatto registrare in quegli anni, un elevatissimo numero di emigrati disposti a svolgere lavori molto umili o pesanti pur di avere in cambio un riscatto economico e sociale. Nella maggior parte dei casi, le persone, partivano con la famigerata “valigia di cartone”, piena di vecchi vestiti e carica di sogni ed aspettative per condurre una vita migliore.
Ma, il fenomeno non ha riguardato solo i ceti meno abbienti, anche molti giovani laureati e diplomati hanno abbandonato la loro madrepatria, svuotandola così non solo di braccia ma anche di menti. Abbandonarono la loro terra anche gli uomini dell'arroccato paese di Aieta, di Tortora, di Praia a Mare, Scalea e San Nicola Arcella.
Partirono con fissa negli occhi l'immagine del loro paese, di questa spiaggia meravigliosa, dei dorati tramonti e del cristallino mare.

Molti di loro sono riusciti, nonostante le inevitabili difficoltà a costruirsi una vita più dignitosa, conquistandosi così un posto nella società americana, giungendo a ricoprire ruoli di grande prestigio. Per questo ed altri motivi, al giorno d’oggi, si può rilevare, nelle più grandi metropoli americane una cifra esorbitante di quartieri abitati completamente da italiani: le Little Italy.

L'esodo, dall’Alto Tirreno Cosentino rallentò quando in queste zone il turismo divenne più rimarchevole, quando, per iniziativa di privati cittadini, si andò incrementando lo sviluppo urbano con la costruzione di alberghi e nuove abitazioni. Allora molti emigranti tornarono, altri non partirono più e, tanti altri discesero dai paesi collinari e dall'interno e cercarono un posto nei cantieri o presero iniziative relative al terziario. Un esempio di incremento demografico è proprio San Nicola Arcella che nel 1951 contava 1090 abitanti, nel 1961, 1107 e nel 1965 1199 con un incremento nell'arco di quattordici anni pari al 10%



Le difficoltà di un gesto di coraggio

Il trattamento che i nostri emigranti hanno dovuto subire è stato molto diverso da caso a caso. Dopo le difficoltà iniziali, in alcuni stati, per esempio l’Argentina, la comunità italiana è diventata una delle più apprezzate per la sua laboriosità, così non è stato in Svizzera e Germania dove difficile è stato superare le diversità di cultura, tradizioni e abitudini di vita.
Ora, se ciò può sembrare comprensibile per l’emigrazione all’estero, lo è di meno per quella interna , eppure gli abitanti del famoso triangolo industriale del Nord Italia manifestarono nei confronti dei “nuovi ospiti” incomprensioni, intolleranza, diffidenza. L’integrazione fu lenta e difficile né può, a tutt’oggi dirsi ancora conclusa.



L’immigrazione

Negli anni ottanta, giunsero in Italia, i primi flussi immigratori trasformandola in una meta di riserva dove recarsi, dato che gli ingressi degli stranieri negli altri paesi europei erano diventati più severi. Essi non sono arrivati in Italia con flusso costante e negli anni si sono registrati forti cambiamenti nella loro provenienza: l’immigrazione dall’ Europa orientale, all’inizio meno massiccia, attualmente è diventata prevalente, come si evince dai dati della seguente tabella , che si riferisce agli emigrati con permessi di soggiorno, esclusi rumeni e polacchi che fanno parte dell’Unione Europea.



Romania 361.870
Albania 341.641
Marocco 313.979
Ucraina 157.657
Cina 150.119
Filippine 102.898
Polonia 96.504



Questi dati si riferiscono agli immigrati con regolare permesso di soggiorno tuttavia, la maggior parte di essi arriva nel nostro continente clandestinamente affrontando viaggi pericolosi, spesso su navi fatiscenti che rischiano di naufragare o nascosti sotto il carico di tir adibiti a trasporti internazionali.
Ma..., cosa li aspetta dopo essere arrivati nel nostro paese attraverso mille traversie?
Sono spesso costretti ad accettare lavori pericolosi e faticosi, vivere in case sovraffollate, essere nel mirino della malavita che cerca di trasformarli in spacciatori di droga o peggio, nel caso delle ragazze, le costringe alla prostituzione.

Nel XXI° secolo insomma, si sta verificando ciò che un secolo fa è successo ai nostri emigranti: all'iniziale curiosità verso lo straniero si sostituisce presto la diffidenza, ciò rende difficoltosa la loro integrazione nella società. Eppure il futuro dell'Italia è senza alcun dubbio “multietnico”.